Home Tempo libero 127 ore. La storia di Aron Ralston

127 ore. La storia di Aron Ralston

by Laura C.

127 ore” è un film biografico, narra la storia di Aron Ralston, ingegnere meccanico ventottenne, appassionato di trekking, biking e alpinismo.

Single, è solito, nei week-end, avventurarsi in escursioni in solitario nei canyon che da sempre lo appassionano.

La trama di “127 ore”

Nella notte del venerdì 25 aprile 2003, la scelta ricade sul Blue John Canyon nello stato dello Utah.

In procinto di partire, prepara lo zaino con tutto il necessario ma, una leggerezza si rivelerà peggiore del previsto.

Non riuscendo a trovare il coltellino svizzero di una nota marca, decide di desistere e lasciarlo al suo posto, portando con sé un coltellino da 4 soldi fabbricato in Cina.

Carica la bicicletta sul grosso suv e si mette in viaggio.

L’avvio è rapido e scattante, un caleidoscopio di colori.

Le immagini apparentemente senza senso scorrono rapide affiancandosi le une alle altre, solo in seguito, un viso, un meteorite che solca il cielo e altri flash, acquisteranno un senso.

Solo alla fine, il cerchio della vita si chiuderà, rendendo cosciente il protagonista di come, tutto il tempo vissuto fino a quel momento, non è stato altro che la preparazione a quell’avventura.

Il 26 l’escursione vera e propria ha inizio.

Raggiunta la zona prescelta, si lancia sulle due ruote in traiettorie impossibili, gole e rocce del canyon son la sua pista e, suoi unici compagni di viaggio sono un paio di cuffie e la sua musica preferita.

Abbandonata la bici in una zona tranquilla, procede a piedi saltando come uno stambecco.

Tutto sommato il viaggio promette bene, incontra 2 ragazze e passa con loro un po’ di tempo, le accompagna, fanno il bagno in un laghetto sotterraneo, si divertono, poi le loro strade si dividono.

Prosegue impavido in un paesaggio da sogno, accarezza le pareti lisce e si avventura pericolosamente. Poi, nella frazione di un secondo, accade l’imprevisto, scivola e un sasso crolla con lui intrappolandolo a pochi passi dal terreno. Il suo braccio destro è incastrato e la roccia sembra non volersi spostare.

Inizia da qui la sua avventura, legato a doppio filo a un masso, a un metro dal suolo. Qui è teso a sopravvivere e cercare di liberarsi nella solitudine più assoluta, se si eccettuano gli insetti che gli girano attorno e il corvo che ogni giorno passa sopra la sua testa, nulla si muove.

Ci prova fino allo stremo delle forze a liberarsi.

Prova a scolpire il masso, consumandolo poco a poco con il coltellino, tenta di issarlo utilizzando la corda e i moschettoni. Prende anche in considerazione l’idea di amputarsi il braccio, ma l’osso rende impossibile la disperata operazione.

In tutto ciò, si riprende con la videocamera, sperando di lasciare un ricordo, una traccia per i genitori. Raziona l’acqua anche se, quella poca che ha a disposizione non potrà mai bastare, prima o poi dovrà inventarsi qualche cosa e, come risaputo, in situazioni come queste, l’urina è l’unica salvezza.

Il cibo finisce velocemente… ma di quello, tutto sommato, riesce ancora a farne a meno. Se non volete conoscere il finale vi consiglio di evitare le prossime righe.

Il finale

Clamorosamente continua a vivere, nonostante un avvoltoio continui ogni mattina a sorvolarlo in attesa di cibarsene poi, senza preavviso ha inizio una scena agghiacciante. Consapevole di non avere ormai troppe riserve di energia, decide di amputarsi il braccio imprigionato dopo che l’osso si è rotto.

Dapprima ne spacca completamente l’osso quindi, con il coltellino, a fatica (è da 4 soldi, ricordate?) lo recide interamente.

Dopo aver doverosamente fotografato l’arto imprigionato nella roccia, dapprima si abbevera in una viscida pozzanghera, poi inizia a correre con il braccio fasciato e grondante sangue.

Di lì a poco incontra una famigliola che lo aiuta soccorrendolo e finalmente, la tensione cala.

Nella scena finale, Aron nuota felicemente con il moncherino in bella evidenza e, ammettendo i propri errori, annuncia che non farà più escursioni senza aver detto prima a qualcuno dove sia diretto.

La recensione di “127 ore”

Cosa può dare un film che si svolge nell’angusto spazio tra due rocce? Come può scorrere il tempo per chi lo guarda? 90 minuti sembrano impossibili da far passare eppure il regista è riuscito, magistralmente, a far scorrere tutto a una velocità impressionante.

Il ragazzo alterna momenti di disperazione ad altri di rassegnazione ed euforia in cui si inventa un’intervista per i posteri, in cui fa autocritica, si condanna per il poco tempo dedicato ai genitori, per non aver detto a nessuno dove sarebbe andato.

Un errore che avrebbe potuto rivelarsi fatale.

Poi ci sono i flash dal passato, allucinazioni e premonizioni.

Sono questi momenti a spezzare quella che sarebbe potuta diventare monotonia.

Compaiono all’improvviso con colori vivaci e creano un’atmosfera al limite della claustrofobia e dell’inquietudine. Le sequenze accelerate aumentano un ritmo che, in caso alternativo sarebbe diventato soporifero, le musiche coinvolgono e incalzano alleggerendo l’atmosfera.

Chi è abituato a camminate e trekking conosce i pericoli e l’adrenalina “sparata” in corpo nei passaggi pericolosi, magari che il buonsenso dovrebbe spingere a evitare e forse, anche per questo, può approcciarsi a questo film con una disposizione diversa. Cosa che chi è poco abituato alle montagne, ai canaloni, a sentieri microscopici che passano accanto a burroni e crepacci, forse non può avere.

Un film non indimenticabile ma sicuramente ben riuscito.

Riesce a tenere incollati allo schermo, fa venire la tachicardia ascoltando il battito accelerato del protagonista, costringe a coprire gli occhi nella scena in cui, spezzato l’osso del braccio, riesce finalmente ad amputarselo.

Un film claustrofobico e drammatico del tutto particolare, se non siete di stomaco forte, quando si amputa il braccio, chiudete saldamente gli occhi.

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5 commenti

ilrepungente 15 Maggio 2012 - 09:35

Mi sa che è la prima volta che ne sento parlare….

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Laura 15 Maggio 2012 - 09:39

Davvero? Io ne avevo sentito parlare bene prima di vederlo ;-)

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Anonimo 15 Maggio 2012 - 10:06

Ero già inorridita quando ne avevo sentito parlare, ma vedere il film non se ne parla neppure… Comunque è un esempio incredibile di come nell'uomo, da bravo animale, prevalga l'istinto di sopravvivenza.
Monica C.

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Stefania Esse 15 Maggio 2012 - 12:13

Mai sentito ma, ad occhio e croce… no, non fa per il mio debole stomaco! ;)

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Laura 15 Maggio 2012 - 19:47

@Monica, è un bellissimo film, io sarei morta prima… di paura e disperazione probabilmente. La sua storia è ai confini della realtà :-)
@Stefania, la scena incriminata è alla fine, hai tutto il tempo per capire cosa sta per succedere e fare come me… girarti dall'altra parte e chiedere il resoconto ;-)

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