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Bruciata viva (Suad)

by Laura C.

Bruciata viva è un libro difficile, un pugno allo stomaco, uno di quelli che non si vorrebbe mai leggere.

Suad (un nome inventato per proteggere se stessa) è picchiata, maltrattata, costretta alle umiliazioni peggiori da parte del padre. Le sorelline vengono uccise, soffocate, perché nate con la sola colpa di essere femmine nel paese dove una donna vale meno di una pecora.

Così è la vita nel suo paese, lontano dalla città, un paese in cui una figlia arriva a desiderare che il padre muoia soffocato dalla sua kefiah. In cui una figlia può essere uccisa senza motivo o per un motivo banale, lo stesso paese in cui esiste ciò che si chiama “Jarimat al Sharaf“, il delitto d’onore.

Quello in cui la testa di una donna sospettata di avere simpatie per un uomo diverso dal proprio, può essere tagliata e portata come trofeo per le vie del paese.

Ma nonostante la vita con un uomo equivalga ad essere schiava, Suad desidera sposarsi.

E’ il suo più grande sogno perché solo così potrà camminare a testa alta, avere figli e muoversi liberamente per il paese.

Deve però attendere il suo turno perché prima di lei devono sposarsi le sue sorelle e, purtroppo, nessuno sembra voler prendere in moglie la sorella prima di lei.

Se continua così sarà costretta a restare sola e la sua famiglia verrà derisa e si sentirà umiliata. Se continua così suo padre non riceverà mai i soldi per aver “venduto” la figlia alla famiglia dell’uomo che diventerà suo marito.

Accade tutto all’improvviso, un giorno, di fronte a casa sua, mentre stende e ritira i panni, mentre si occupa del fico, vede un uomo.

E’ bellissimo, ha la macchina e si veste bene. Troppo facile innamorarsi di lui, proprio di lui che poi ne chiederà la mano.

Inizia così il corteggiamento di Faiez. E’ un uomo come gli altri, un uomo di cui non fidarsi ma che Suad teme di perdere e pur di non dispiacere, accetta di fare l’amore con lui. Una, due, tre volte.

Ogni volta è di nascosto da tutti, rischiando la vita per questo sentimento che ancora non sa la condurrà verso la più grande tragedia della sua vita.

E’ consapevole del fatto che non potrà esporre il panno bianco macchiato di sangue dopo la prima notte di nozze ma poco importa, qualche cosa inventerà. O così crede.

Dopo alcune settimane si deve purtroppo arrendere all’evidenza di essere rimasta incinta.

E ora, che fare? I genitori cominciano a insospettirsi e fuggire non è possibile così, decide di cercare rifugio presso la zia materna, acerrima nemica della madre che forse, proprio in onore di questo odio, accetterà di nasconderla.

Le cose non vanno così e Suad viene riportata a casa e una volta costretta ad ammettere la verità, rinchiusa come un animale, conscia del non potere fuggire perché la casa sarà sempre meglio dell’umiliazione, il disprezzo, le pietre e gli sputi che la gente le riserverebbe.

E in tutto ciò, nessuno chiede chi sia il padre.

Del resto è lei la charmuta.

Il destino di Suad

Così viene emessa la sua condanna a morte e come già accaduto per la sorella, anche questa volta, nel momento in cui la vendetta sarà consumata, nessuno si troverà in casa con la vittima, nessuno tranne il suo aguzzino.

Il compito di salvare l’onore della famiglia spetta a suo cognato.

Senza esitazione, il giorno prestabilito, la trasforma in men che non si dica in una torcia umana.

Povera ingenua Suad, si era lasciata tranquillizzare dalla breve frase “Adesso mi occuperò di te“, credendo che fosse una dichiarazione d’aiuto e non una sentenza di morte.

In un attimo il fuoco la avviluppa, i capelli, il viso, le spalle, tutto brucia e crede di morire ma, in un atto di estrema disperazione, riesce a fuggire da quella casa ed essere soccorsa da pie donne che si trovavano a passare proprio in quel momento.

Quante volte maledirà la sua audacia?

Perché non si è lasciata morire?

Molte, troppe volte si maledirà per non aver lasciato che il destino facesse il suo corso e che la morte la portasse via con sé.

Tante volte, in quell’ospedale dove le ragazze come lei vengono lasciate morire lentamente, senza cure, si chiederà perché la morte non vuole prenderla ma lascia che resti inerme in quel letto senza pietà e senza amore.

Molte volte se lo chiederà, nonostante la nascita miracolosa di quel piccolo figlio del peccato.

La furia cieca dei genitori non si placa neppure vedendola agonizzante, il loro onore macchiato rischia di costringerli a lasciare il paese in cui vivono.

Il fratello potrebbe avere guai con la legge perciò, occorre porre rimedio e quale modo migliore se non finire il lavoro lasciato precedentemente a metà?

Sembra impossibile pensare che una madre giunta al capezzale della figlia vedendola bruciata e in punto di morte, nonostante l’odio e il rancore, non sia colta da un moto di pietà umana per il sangue del suo sangue, per una vita così giovane che rischia di spezzarsi per una questione d’orgoglio. E’ impossibile pensare che una madre desideri la morte della propria figlia eppure, qui accade proprio questo.

L’onore della famiglia viene prima di tutto.

Solo il sangue lava l’onta.

Anche se a versare il sangue della figlia deve essere proprio la madre. Proprio quella madre che presentandosi presso il letto dell’ospedale offre acqua avvelenata alla figlia assetata.

Per fortuna, non ottiene il suo effetto solo grazie al provvidenziale intervento di un dottore.

Jacqueline

Solo a questo punto fa il suo ingresso una donna che, per “circostanza”, viene chiamata Jacqueline, colei che si farà carico, con un piccolo imbroglio ai danni dei genitori di Suad, di salvarla e portarla via con il suo bambino.

La porterà in Svizzera dove forse potrà essere salvata, curata e aiutata a ricostruirsi una nuova vita.

Questo nuovo paese è una novità sotto ogni punto di vista.

Lei non conosce la lingua, non sa neppure leggere, non ha idea di dove sia, è cresciuta con la convinzione che al di fuori del proprio villaggio ci fosse il resto del mondo.

Un mondo nemico, ostile, un mondo in cui si mangia il maiale.

Ben presto si rende conto che al di fuori di quel villaggio esiste anche la libertà, persone generose che la curano, l’aiutano, e le consentono anche di trovare una famiglia adottiva per sé e per il suo bimbo.

Esiste un mondo in cui le donne possono camminare a testa alta. E’ un mondo in cui le donne camminano con le gambe scoperte, possono ridere e stare con le amiche, truccarsi o parlare con gli uomini perché nessuno le punirà, nessuno le ucciderà.

Passano gli anni e Suad cresce, trova un lavoro, lascia che il suo piccino venga adottato dalla famiglia che in precedenza aveva adottato anche lei.

Incontra un uomo di cui si innamora, se ne innamora nello stesso modo in cui si era invaghita del primo ragazzo.

Lo vede arrivare in macchina e lo vede andare via sempre con la stessa bella macchina rossa.

Le cose per fortuna questa volta vanno diversamente e dopo la convivenza finalmente arriva una bella cerimonia matrimoniale e la nascita di 2 splendide bambine.

Ma tutto questo non salverà Suad dagli incubi, la paura, l’umiliazione e il vergognarsi di se stessa.

Le ferite non si cancellano, le bambine crescendo vogliono sapere. Il non poter condurre una vita normale a causa delle cicatrici, non poter indossare vestiti che lascino il corpo scoperto, non poter sfoggiare costumi da bagno, conducono la donna verso la depressione. Arriva così a tentare il suicidio.

Il sole, il caldo, la piscina, tutto ciò le è negato.

Il fuoco, l’acqua che bolle, il forno, le pentole, le sigarette accese, l’aspirapolvere, tutto ciò che in qualche modo è legato al calore la spaventa.

Anche questa volta la morte non la prenderà con sé ma provvidenzialmente, salvata, potrà curare anche le ferite dell’anima.

Con l’aiuto di Jacqueline comincerà a portare la sua testimonianza, raccontare la sua vita, rendere partecipi gli altri di una realtà difficile e mostruosa.

Anche il suo bambino, ormai cresciuto e diventato uomo tornerà a far parte della sua vita. Entra a far parte della vita delle figlie e del marito, un uomo intelligente e disponibile che lo accetterà a braccia aperte.

Purtroppo così come capitò a lei, molte si trovano ancora in quelle situazioni.

Rischiano di essere uccise nei modi più disparati e più barbari.

Per i loro assassini non c’è una punizione “giusta” perché il delitto d’onore è tollerato, compreso, giustificato. Come tale dà diritto a delle attenuanti anche in sede di giudizio perché chi uccide per salvare l’onore della propria famiglia è considerato un eroe.

Anche chi riesce a fuggire è costretto a cambiare identità e vivere nell’anonimato perché la vendetta deve essere attuata anche in paese straniero e, più di uno, è stato il caso di donne riuscite a scappare, ma ritrovate e uccise.

Alla fine del libro si trova una nota relativa a chi ha aiutato Suad e il suo bambino; la riporto così com’è:

SURGIR è una fondazione svizzera rivolta alle donne e ai bambini di tutto il mondo, vittime di tradizioni criminose, martiri nell’anima e nel corpo.

SURGIR combatte senza tregua l’ingiustizia di un costume che stritola queste donne.

Per aiutare SURGIR:

Banque cantonale vaudoise

1001 Losanna

Conto numero U 5060.57.74

Per saperne di più: www.surgir.ch

Contact: office@surgir.ch

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7 commenti

Stefania Esse 4 Aprile 2012 - 08:30

Pelle d'oca!

Rispondi
Laura 4 Aprile 2012 - 08:45

E' terrificante, se hai un po' di tempo te lo consiglio proprio… però tieni vicino una camomilla, ti servirà.

Rispondi
M.M. 4 Aprile 2012 - 10:19

Di storie come questa ce ne sono tante…è lasciano l'amaro in bocca e la tristezza nel cuore…potranno mai le donne essere libere di "vivere la loro identità e la loro vita"?…

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Anonimo 4 Aprile 2012 - 12:39

mi faccio la stessa domanda di mara. arriverà mai un giorno in cui la donna potrà essere vista come un essere umano?
monica c.

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Laura 4 Aprile 2012 - 13:25

@Mara, @Monica, se le potenze internazionali, in questi paesi, invece di fare la guerra per il petrolio, si impuntassero per difendere queste donne e intervenissero, anche quando vengono condannate alla lapidazione, forse un passo avanti si farebbe.
Ma ai potenti, delle donne non interessa nulla, dell'oro nero invece si.
Da sole non ce la possono fare, non hanno gli strumenti e la forza. :-(

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Anonimo 14 Febbraio 2014 - 12:40

Nn riesco credere k la gente faccia questo!!!!!

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wp_809244 14 Febbraio 2014 - 15:03

Purtroppo è tutto vero, il libro è un vero pugno nello stomaco e apre gli occhi su una realtà drammatica.

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