Oggi vi racconto di un libro bellissimo, Carmen di Prosper Mérimée, letto molto tempo fa e purtroppo al momento quasi impossibile da reperire.
I più attenti e gli appassionati, capiranno quasi subito che è da questa novella, scritta nel 1845 da Prosper Mérimée, che è stata in seguito tratta una nota opera lirica.
Quale? La Carmen di Georges Bizet.
Di cosa parla Carmen di Prosper Mérimée
Don José era un bel ragazzo dal viso aperto e simpatico, nobile, amante delle ragazze e della pallacorda, sport diffuso in quel periodo.
Aveva un portamento fiero ed elegante, non era un pauroso e non fuggiva di fronte a nulla, neppure a qualche litigata di troppo. E per fortuna che la sua famiglia lo avrebbe voluto vedere diventar prete.
Le sue aspirazioni erano ben altre.
Una era quella di farsi arruolare, ed essendo nobile non era neppure difficile riuscirvi, così come non sarebbe stato tanto complicato far carriera.
Tuttavia non era questo che a lui importava.
In breve riuscì comunque non solo a entrare nell’esercito ma farsi promuovere brigadiere e, la sua carriera sarebbe proseguita in maniera gloriosa, se un fatto del tutto inaspettato non avesse cambiato il suo destino per sempre.
A Siviglia era di guardia alla Manifattura dei tabacchi, un edificio che nel pomeriggio vedeva al lavoro molte donne e ragazze che attraevano naturalmente una schiera di uomini pronti a osservare, ma anche dimostrare la loro approvazione con fischi e rischiami.
Don José, nonostante fosse un amante delle donne, non trovava di suo gradimento le andaluse, la sua preferenza andava alle sue compaesane, queste erano troppo “sveglie” e con loro non si trovava a suo agio.
I guai iniziarono proprio lì.
Iniziarono il giorno in cui una gitana si trovò a passare e lui poté osservarne la bellezza.
Era minuta con due bellissimi occhi scuri leggermente allungati, i denti bianchissimi, le labbra sode, capelli lunghi e neri la rendevano magnetica. Era impossibile non fermarsi a guardarla e continuare a osservarla nel suo passaggio.
”La gitana”, così aveva sentito che l’avevano chiamata quando aveva fatto la sua comparsa.
Passava facendosi largo con aria di sfida e ancheggiava.
Proprio quel giorno, dopo non molto, don José ebbe il compito di condurla in prigione perché pare avesse colpito una donna con il coltellino che utilizzava per spuntare i sigari.
In prigione però non vi arrivò mai perché la bella Carmen, con fare sensuale, con i suoi grandi occhioni neri, era riuscita commuovere Don José. Lo aveva persuaso a lasciarla fuggire, mettendo così il povero brigadiere in una posizione difficile.
E in prigione ahimè ci finì lui!
Nonostante lo scherzo beffardo che la gitana gli aveva giocato, provocando così la sua incarcerazione e degradazione a soldato semplice, lui non riusciva a smettere di pensarla. Era un’ossessione, lo aveva stregato, era entrata in lui e non poteva togliersela dalla mente.
Era struggente e doloroso pensare a lei, non riusciva a capacitarsene e anche osservando le donne che passavano sotto la prigione nel tentativo di scorgere una donna che potesse in qualche modo eguagliarla e fargliela dimenticare, non riusciva a trovarla.
Nessuna era come lei, nessuna sembrava neppure in piccola parte avvicinarsi alla bellezza che lo aveva stregato e catturato.
Carmen non si era però dimenticata di lui e cercò di aiutarlo a fuggire facendogli consegnare del pane con una lima e una moneta, il secondino glielo portò dicendo che lo aveva mandato sua cugina… ma José non aveva cugine a Siviglia!
Non utilizzò la lima, decise di non disertare, era pur sempre un soldato e avrebbe scontato la pena per poi tornare a conquistare la fiducia dei suoi superiori e dei compagni; non fu però così semplice perché una volta uscito venne mandato in servizio alla residenza del colonnello e qui l’umiliazione che subiva era tanta, gli ospiti sembravano irriderlo, anche le donne di cui si circondava il giovane colonnello sembrava che lo guardassero per farsi beffe di lui.
Non era questo quello che si aspettava, non era previsto che andasse in questo modo.
Un giorno giunse alla residenza anche Carmen, il suo compito era quello di portare un po’ di musica e divertimento. La vide ballare e suonare il tamburello, la osservò parlare con gli altri uomini e si accorse di esserne geloso.
Quel giorno si rese conto di essere innamorato e la sera incontrandola in un locale (lei gli aveva suggerito dove trovarla) poté amarla liberamente. Per quella volta fu solo sua e non dovette dividere la sua presenza e i suoi sguardi con nessun altro uomo.
Purtroppo però fu l’ultima volta in cui la vide per molto tempo.
Aanche se Carmen si era innamorata di lui, era anche chiaro che non potessero più stare insieme, per lui sarebbe stato un male e la donna, che se ne rendeva conto, glielo fece presente.
Passò così del tempo.
Don José non si rassegnava, la cercava, non riusciva a togliersela dalla testa, voleva trovarla a tutti i costi ma non sapeva come fare. Aveva cercato in ogni angolo, aveva battuto tutta Siviglia ma di lei non c’era traccia.
Finché…
Finché una sera non la vide con un uomo e, accecato dalla gelosia lo uccise.
Carmen lo nascose e ,sapendo che se lo avessero trovato lo avrebbero condannato a morte, gli propose di unirsi a lei e fare il contrabbandiere.
La vita che condusse da quel momento e per un bel po’ gli piacque.
Stava con Carmen e questa era la cosa più importante. Lei gli era fedele e sembrava amarlo realmente, lo compiaceva, correva da lui quando la cercava e questo, nonostante fosse una delle figure più importanti della banda cui si era unito.
Le cose sembravano procedere bene nonostante di tanto in tanto il dubbio che la storia con la bella zingara potesse finire desse da pensare a Don José.
Le sue paure non erano infondate perché un giorno dopo una scenata di gelosia che fece “saltare” un colpo, Carmen lo minacciò di liberarsi di lui. La ragazza gli confessò infatti che da quando stavano insieme lei lo amava meno.
La libertà per lei era come l’aria, non poteva farne a meno e pur di non perderla, avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Il finale
Se non volete leggere il finale di Carmen di Prosper Mérimée, saltate la parte successiva
Fu proprio questo a decidere il destino della loro storia.
Don José avrebbe voluto portarla in America per cambiar vita mentre lei non desiderava seguirlo. Lui era geloso e non sopportava più di vederla attorniata da altri uomini, era arrivato al culmine della sopportazione e temeva di finire per far del male anche lei.
Così infatti fu.
La tentazione e la provocazione lo accecarono di dolore e gelosia. Lei non lo amava più, voleva esser libera, piuttosto sarebbe morta e l’aver gettato con fare sprezzante l’anello che lui le aveva regalato fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il coltello di Don José affondò nella carne uccidendola.
La seppellì in una fossa scavata nel bosco e le mise vicino anche il suo anello. Andò quindi a costituirsi dirigendosi verso un destino che la zingara aveva predetto.
La morte prima per lei e subito dopo per lui.
Un libro imperdibile
Teoricamente questo libro si dovrebbe trovare nelle biblioteche; si tratta di un classico, anche se non particolarmente “pubblicizzato” nelle nostre scuole ma che credo valga la pena di leggere.
Una tragedia condita da tutti gli elementi necessari per tenere il lettore incollato alle pagine discorrendo e narrando di un amore, in qualche modo malato.
L’amore tra una donna che non potrebbe rinunciare alla sua libertà, neppure di fronte alla morte. Dall’altra parte, l’amore di un uomo incapace di amare la sua donna, al punto da non lasciarle vivere la sua vita.
Non è una vicenda sdolcinata e mielosa con un finale zuccheroso purtroppo.
Chi ama il lieto fine dovrebbe girare al largo; chi ama leggere di storie intense e sentimenti spinti fino all’eccesso, troverà qui “pane per i suoi denti”.