Se avete voglia di sognare e tuffarvi in un mondo di nani e magia, vi consiglio di accomodarvi e godervela fino in fondo.
C’era una volta…
… dove si trova il Catinaccio, una distesa di rose in cui vivevano Re Laurino, Ladinia (la figlia) e tanti tanti nani che serenamente e con gioia vivevano godendosi la vita nella natura, assaporando giorno dopo giorno la bellezza dei fiori; era un luogo allegro e felice, i nani erano lieti del loro Re e lo seguivano con ammirazione e fedeltà.
Accadde un giorno che Ladinia vide Latemar, gli occhi di lui la rapirono e lei, improvvisamente, non trovò più così bello vivere con il padre in quel regno incantato; si agitava, la sua serenità sembrava persa per sempre, quel luogo le stava stretto e avrebbe voluto fuggire.
Ogni giorno, all’aurora, si recava sulla torre più alta del castello e invocava il sole con le parole: ”Sole, sole, vieni, eccomi alzata, infondimi la tua forza!”; non sapeva cosa fare, era combattuta tra il sentimento che sentiva per Latemar e la sofferenza che un suo gesto avrebbe causato al padre.
Un giorno però apparve all’orizzonte una sfera luminosa, una sfera di luce e calore che colpì il cuore della donna; il raggio dell’amore la sciolse, un canto d’amore sgorgò dalle sue labbra e il vento lo portò fino al Latemar. L’amato lo udì e preso il suo cavallo, corse verso la torre dove incontrò Ladinia e con lei si avviò verso l’altra montagna.
Re Laurino, non trovando più l’amata figlia, iniziò a vagare tra le rose e inquieto volle sapere la verità, conoscere la sorte di Ladinia; non capiva perché la natura, rigogliosa e festante attorno a lui non si fosse adeguata al suo dolore, non comprendeva come potesse essere così vivace e viva, ieri poteva esserlo ma dopo la scomparsa della figlia non avrebbe più dovuto!
Così, la natura, commossa dalla tristezza del Re, si unì al suo dolore e il vento le svelò la verità: “Ladina è andata sposa a un bel giovane, il principe deI Latemar”.
Il dolore di Re Laurino esplose in urla e gemiti, pianti e invocazioni: «Oh! mia Ladina, hai abbandonato tuo padre; tutto il mio bene eri tu. Invidio il vento che ti può incontrare ed il sole e la luna del cielo e le stelle che conoscono il tuo nascondiglio!».
Vagò tra le rose del giardino in preda all’angoscia e alla tristezza; la natura sembrava prendersi gioco di lui con la sua bellezza e il suo splendore mentre il suo animo era triste e affranto. Non poteva sopportare di vedere tanta beltà e, disperato, decise di porvi fine: “Che cali la tenebra e copra i vividi colori di queste rose, di giorno e di notte, e il bel canto si faccia muto!”.
Dopo il sortilegio, tutto cambiò, la vita lasciò spazio alla morte, la rigogliosità delle rose cedette il passo alla triste aridità della roccia; dal quel momento, solo il bagliore rosato dell’alba e del tramonto avrebbero restituito un po’ di colore al quel luogo fino a poco tempo prima sereno e incantato.
Quella luce porporina è l’enrosadira, il magico colore che illumina la montagna nei crepuscoli sereni e lascia senza fiato chi la osserva.
Se doveste recarvi in vacanza ai piedi delle splendide Dolomiti, non dimenticate all’approssimarsi della sera, di guardare il Gruppo del Catinaccio, ripensando con tenerezza a un povero Re che per il dolore di aver perso la propria figlia trasformò in pietra quel che prima era uno splendido paesaggio; attendete di vedere quella luce meravigliosa e lasciatevi trasportare in un mondo scomparso fatto di sogni e di magia.