Fare trading online non è un gioco, e non è nemmeno un tipo di attività accessibile a tutti, in quanto richiede impegno, disciplina, dedizione ed un pizzico di propensione al mondo degli investimenti finanziari.
Ma al di là di questi aspetti con impegno e passione di possono ottenere nel tempo dei risultati soddisfacenti.
Infatti di norma gli esperti del settore ritengono che non esistano dei veri e propri predestinati.
Un approccio che rischiava di andare incontro ad una crisi irreversibile se la storia di Islam fosse stata suffragata dai fatti e non si fosse rilevata una bufala colossale.
Il giovane liceale americano, studente e residente nel Queens, aveva infatti fatto trapelare la notizia di essere una specie di genio del trading online. Al suo attivo “aveva” una cifra non detta ma a più zeri, che gli analisti si sono affannati a calcolare, considerando che Islam fin dall’età di 9 anni aveva cominciato a fare trading con i suoi risparmi.
Questo discorso doveva già far sorgere qualche dubbio. Non si trattava di trading fatto in modo gratuito su una piattaforma demo, ma tramite piattaforme di grande prestigio (l’equivalente dell’autorizzata Consob plus 500 per intenderci) con il “sacrificio” dei propri risparmi.
A nessuno è venuto in mente di domandarsi di quanti risparmi potesse beneficiare un giovane figlio di due immigrati bengalesi. E di come fosse possibile per lui fare trading online, avendo aperto addirittura un conto deposito attraverso il quale operare su futures (considerata l’illegalità della cosa dal momento che gli investimenti sono accessibili solo ai maggiorenni).
E’ bastata la parola del giovane e l’esibizione di una copia del suo estratto “conto” dal quale trasparivano delle somme eccezionali (che alla fine sono state stimate in un guadagno complessivo di 72 milioni di dollari), per attivare dibattiti e considerare il giovane un vero e proprio guru della finanza.
Una bufala, che dietro però un po di pressioni dell’opinione pubblica è finita con il venire fuori, e mettere in imbarazzo tutti gli interessati, con al primo posto i giornalisti stessi che avevano cavalcato una notizia che non aveva alcun sostegno “reale”.